Si chiama KBA ed è l’autorità federale dei Trasporti: in pratica, quella che decide chi deve o non deve circolare sulle strade tedesche. E le Volkswagen, quelle con i motori diesel “taroccati”, senza aggiornamento del software del TDI, non potranno più circolare…
Di G. P.
Nelle immagini, il Ministro dei Trasporti tedesco Alexander Dobrindt e il Presidente Volkswagen Herbert Diess mentre assistono all’aggiornamento del software dei motori diesel EA 189 (2016).
Il gruppo automobilistico tedesco è sotto indagine dal 2015 da parte della procura di Monaco di Baviera, oltre che dalle autorità di diversi Paesi, per lo scandalo sulle manipolazioni illegali alle centraline di alcuni motori a gasolio. A giugno, Rupert Stadler, numero uno di Audi (che fa parte del Gruppo Volkswagen), è stato fermato dalla polizia con l’accusa di frode e falso in atti d’ufficio. In pratica, è stato accusato di essere a conoscenza di aver commercializzato veicoli diesel con un software che manipolava il controllo della soglia delle emissione di gas nocivi. Nello stesso periodo la casa dei quattro anelli, ha accettato di pagare, riconoscendo la propria responsabilità, la sanzione di 1 miliardo di euro decisa dalla procura di Stato di Braunschweig. Ma i guai giudiziari del Gruppo sono ben maggiori coinvolgendo non solo la Germania, ma altri 55 Paesi e comprendono anche la manipolazione del mercato azionario. Complessivamente Volkswagen ha dovuto accantonare 27 miliardi di euro per fare fronte a sanzioni, riacquisto azioni e costi mentre gli investitori la accusano di aver informato il mercato troppo tardi dell’inchiesta.
Ancor più nella bufera. Il dieselgate, dunque, continua ad essere una bufera inarrestabile per il mondo dell’auto e, come se non bastasse, in questi giorni è intervenuto pesantemente anche il KBA, ovvero l’autorità federale dei Trasporti che ha deciso di fermare tutte quelle vetture equipaggiate con i motori diesel “taroccati”, che non hanno ancora fatto l’aggiornamento del software del TDI, non potranno più circolare.
Stando ai dati rivelati dalla stessa autorità, le vetture non in regola, in Germania, sarebbero ancora parecchie: su circa 2,46 milioni di veicoli interessati, infatti, oltre il 5% non è stato sottoposto al regolare aggiornamento per eliminare il Defeat Device. In pratica, si tratta di oltre 120.000 veicoli.
Bene, a tutte queste vetture del Gruppo Volkswagen che non hanno effettuato il regolare aggiornamento, sarà immediatamente impedita la normale circolazione e ai loro proprietari verrà ritirato il permesso di circolazione della propria auto.
Questi aggiornamenti sono obbligatori e riguardano tutte le vetture che hanno sotto il cofano i motori taroccati (turbodiesel EA 189 da 1.2, 1.6 e 2.0 litri Euro 5): quindi, oltre alle Volkswagen, anche Audi, Skoda e Seat. Insomma, l’aggiornamento del software permette a questi propulsori di rispettare realmente la normativa Euro 5, il tutto a discapito dei consumi e delle prestazioni. Motivi, questi, per i quali i proprietari stentano ad andare dal meccanico o chi per esso.
E c’è poco da scherzare. 14.760: sono le auto Volkswagen e Audi sottoposte al fermo amministrativo nei comuni di Amburgo e Monaco di Baviera. I proprietari di queste vetture, infatti, non hanno fatto l’aggiornamento nonostante fossero stati avvisati dalle autorità competenti.
Anche la Svizzera usa il bastone. In Svizzera invece nel centro del mirino c’è Porsche per aver commercializzato alcune auto irregolari in termini di emissioni dai gas di scarico. In particolar modo le Macan 3.0 S Diesel e le Cayenne 4.2 Diesel non possono più circolare sul suolo elvetico. Secondo quanto dichiarato dalla Casa, però, tutti i modelli Macan e Cayenne a gasolio già immatricolati nel territorio svizzero potranno continuare a circolare ovviamente se messe in regola.
E l’Italia? Se la stessa Germania vieta l’utilizzo di queste vetture equipaggiate con i motori diesel taroccati, perché mai il nostro Belpaese non dovrebbe fare nulla? Sarebbe utile che il Ministero dei Trasporti (o chi per esso) intervenisse non solo per tutelare la nostra salute ma anche per salvaguardare l’industria automobilistica italiana che, a differenza del Gruppo Volkswagen, fino a prova contraria, ha sempre lavorato con trasparenza, senza mai imbrogliare gli automobilisti.